Abbiamo preparato una lista di scopo ricercando con determinazione l’unità tra forze che hanno creduto e credono alla necessità di una alternativa sociale e politica nella nostra regione. A partire dalla nostra candidata presidente Francesca Frediani, che voglio ancora una volta pubblicamente ringraziare, abbiamo pensato e ancora ora pensiamo che l’operazione andasse fatta pur in un contesto pieno di difficoltà oggettive.
Dopo la crisi di Unione Popolare, che ha determinato un vero sbandamento e determinato una sospensione significativa del lavoro che stavamo facendo, siamo riusciti in uno spazio temporale iper compresso ad allestire Piemonte Popolare.
Una lista e un simbolo nuovi, con alle spalle la passione e il lavoro intenso di compagne e compagni, ma presentata pubblicamente solo con l’avvio formale della campagna elettorale.
La nostra compagine si è mossa scontando questa situazione oltre all’ estrema esiguità di risorse finanziarie e mediatiche. Non si poteva certo pensare ad una penetrazione capillare del nostro messaggio, che pure abbiamo cercato di fare vivere in ogni occasione possibile; un messaggio socialmente connotato, sempre indirizzato a evocare la possibilità di alternativa contro l’alternanza tra (spesso) eguali.
È del tutto evidente che questa impostazione, tesa a far conoscere e spiegare, non ha potuto sanare i limiti di fondo in cui ci trovavamo.
Ricostruire livelli di fiducia minimi, in particolare verso settori popolari ancora oggi lontani, silenti, rancorosi, non è uno scherzo. Ha bisogno di tempo, di pratiche quotidiane, di proposte rinnovate verso le generazioni più giovani. Tutto questo è stato semplicemente impossibile averlo ed è stato al massimo evocato simbolicamente in alcuni passaggi della campagna.
D’altro canto dove un insediamento minimamente è conosciuto e durevole nel tempo ha potuto fare da supporto i risultati sono stati migliori (come ad esempio in Valle di Susa).
Non ci nascondiamo dietro un dito, sappiamo bene che il risultato finale del nostro sforzo è quello che è, però pensiamo che quest’ultimo non sia semplicemente un fatto volontaristico fine a se stesso.
Le valutazioni che ci hanno portato a non cedere a un campo di macerie a sinistra nella nostra regione sono tutte valide e tutte davanti a noi. Ci richiedono oggi come ieri di cimentarci nella ricostruzione e non essere passivi nel ripiegamento.
Se non avessimo operato questo passaggio non avremmo potuto offrire a noi stessi e a tutte le compagne e compagni che vorranno un terreno di relazioni possibili. Meglio queste relazioni in vita che la disarticolazione totale del campo dell’alternativa. Un piccolo contributo il nostro, certo, ma con cui vorremmo essere parte della riapertura di una discussione.
Ancora grazie a tutt3 i/le compagn3 che hanno fatto una intelligente fatica in queste settimane. A loro va la mia stima assoluta.
Alberto Deambrogio